mercoledì 17 ottobre 2007

Empals... e altro

Al Presidente della RepubblicaAl Presidente del Consiglio dei MinistriAl Ministero delle FinanzeAl Ministero dei Beni Culturali

Gentile Presidente,

Le scriviamo per segnalarLe una gravissima ingiustizia tributaria
che da molti anni si perpetua ai danni dei musicisti che – come
noi – esercitano la loro professione nell’attività concertistica.
Per ogni concerto tenuto in Italia, la legge ci obbliga a versare
all’Enpals una percentuale del nostro cachet, e anche gli enti
organizzatori devono pagare un’ulteriore quota. In totale, per
ogni nostro concerto viene versato all’Enpals più del 30% del
nostro cachet, ma, in pratica, nessuno di noi avrà mai diritto
alla pensione da parte dell’Enpals.
Infatti, la legge prevede che la pensione per la nostra categoria
professionale venga erogata dopo almeno 20 anni di contributi, e
per raggiungere un anno occorrono 120 giornate lavorative. Poichè
generalmente un concerto viene conteggiato come una giornata
contributiva, per raggiungere un anno di contributi sarebbero
necessari circa 120 concerti effettuati in Italia con regolari
contributi versati. Per raggiungere la quota necessaria per la
pensione, ossia 20 anni, sono quindi necessari 2400 concerti
effettuati in Italia: un traguardo che nella storia della
Repubbica Italiana forse nessun concertista classico è mai
riuscito a raggiungere. Infatti la nostra professione prevede che
i concerti siano preceduti da un lungo periodo di preparazione
(che l’Enpals evidentemente ignora), e per di più molti di noi
svolgono la propria attività principalmente all’estero, la quale
si solito non rientra nei conteggi Enpals.

Noi versiamo ogni anno all’Enpals molto di più delle trattenute
previdenziali di gran parte degli impiegati statali, e, se la
legge non cambia, non solo non avremo mai la pensione pubblica, ma
neanche ci verrà restituita l’enorme cifra versata invano. Alcuni
di noi hanno chiamato il call center dell’Enpals per chiedere
chiarimenti, e ci è stato confermato quanto sopra, e addirittura
gli stessi impiegati Enpals ci hanno suggerito di provvedere in
proprio ad una pensione privata, visto che altrimenti resteremo
senza.

Questa è solo una delle varie ingiustizie che subiamo da parte del
Fisco italiano: tra Enpals, ritenuta d’acconto, Iva e altre
trattenute, più del 60% dei nostri cachet è versato in tasse. E,
sia all’estero che in Italia, spesso costiamo agli organizzatori
molto di più dei nostri colleghi stranieri, i quali godono di
molte agevolazioni che a noi non sono concesse.

Chiediamo, dunque, le seguenti modifiche alla normativa che regola
la tassazione della nostra attività:

- L’abolizione del limite minimo di 120 giornate contributive
annuali per ottenere il diritto alla pensione. La pensione, come
già avviene nella maggior parte degli altri paesi europei, deve
essere proporzionale alla somme versate all’Enpals, e indipendente
dal numero di giornate contributive.

- L’introduzione di un regime fiscale speciale per i musicisti
professionisti, che tenga conto delle caratteristiche essenziali
della produzione del reddito; la possibilità di ottenere il modulo
E 101, come per i nostri colleghi stranieri; il recupero totale
delle tasse pagate all’estero; l’introduzione di meccanismi di
detrazione fiscale degli oneri sostenuti, quali le spese di
trasferimento e soggiorno.

La ringraziamo per la Sua preziosa considerazione, augurandoci che
con il Suo aiuto sia possibile risolvere al più presto questa
paradossale situazione, che per molti versi è contraria ai
principi della Costituzione Italiana.

Seguono firme

PER FIRMARE ANDATE QUI

http://www.petitiononline.com/enpals/

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